L’oro della Val Pellice


La presenza dell’oro in tracce lungo i torrenti del versante sinistro della Val Pellice è riportata in alcune pubblicazioni recenti e passate, cerchiamo quindi di fare chiarezza sulle proprietà qualitative e quantitative, fornendo anche spunti sulla possibile associazione mineralogica e sui i contesti in cui si può ritrovare.

 

Introduzione

Studi recenti (Pipino, 2001) e passati (Jervis, 1881) hanno messo in evidenza, come si leggerà nelle prossime pagine, la presenza dell'oro in Val Pellice. Tale oro è ritrovabile in modeste quantità lungo alcuni torrenti locali (Chiamogna lungo la Valle Tiramale, Chiamogna di San Michele, Angrogna, Pellice ed il rio Rigard).

 

Inquadramento storico

È importante nella prima fase della ricerca di minerali e metalli preziosi prestarsi a raccogliere quante più fonti storiche possibili su tali argomenti e finalizzandosi su eventuali prospezioni e dati.

Per quanto riguarda la raccolta svolta dall’autore si riportano alcuni cenni:

 

  1. Jervis (1881) riporta nella sua opera “I tesori sotterranei dell'Italia” la presenza di oro nativo presso Bricherasio (N.84).

Si riporta la citazione nella sua interezza:


“84- Bricherasio. – Oro nativo. È stato rinvenuto in pagliuzze minute ed in quantità affatto insignificante nell’alveo del torrente Chiamogna, affluente sinistra del Pellice”.


Egli riporta anche altre località legate alla presenza di oro in tracce ma ponendo l’accento sulla presenza della pirite, tipico minerale associato al nobile metallo:


“85- Bobbio Pellice. – Rame – Calcopirite, con pirite, in sito di proprietà comunale; diede 48% di slicco e questo rame 1,3; argento 0,005 ed indizi di oro. Pirite; ivi, come sopra”.


“99- Prarostino. – Granato, varietà grossularia, con anfibolo e pirite, nel monte a ridosso al villaggio. Pirite; ivi; insignificante”.

 

  1. Nella carta delle principali mineralizzazioni e delle alluvioni aurifere del bacino padano in Pipino G. (1982), modificato Pipino G. (2001) è possibile vedere citata come località potenzialmente aurifera Villar Pellice.

Riassumendo dai dati bibliografici presentati le principali località in cui nel passato sono state sede di prospezioni più o meno intense sono:

  • Chiamogna;
  • Rio Rigard di Villar Pellice.

Spunti utili per prospezioni future sono i rii nei dintorni di:

  • Bobbio pellice (si noti che lungo l’alveo principale del T. Pellice è presente un SIC e quindi è vietata la ricerca);

 

Inquadramento geografico

 

Nel corso delle prospezioni eseguite dall’anno 2017 in avanti è stato possibile concentrare le ricerche nei rii riportati nella fotografia sottostante. Parte integrante della prospezione è infatti il sopralluogo diretto di tutte quelle località ritenute potenzialmente redditizie.

 

 

Figura tratta dal software GoogleEarth Pro; è possibile osservare le principali località citate in bibliografia.

 

Inquadramento geologico

I torrenti Chiamogna erodono le rocce appartenenti al Complesso Grafitico del Pinerolese, il quale è costituito per larga parte da micascisti a granato e più sporadicamente a granato e cloritoide, cui si associano alternanze di micascisti più o meno grafitici, grafitoscisti e subordinati gneiss minuti. I micascisti variano da facies con fabric grossolano a facies più filladiche e sono di colore prevalentemente grigiastro; il carattere peculiare è rappresentato dalla presenza di grafite e di diffuse vene di quarzo di potenza centimetrica piegate e trasposte, con alternanze composizionali (livelli più micaceo-grafitici e livelli quarzitici) riferibili ad un originario fabric sedimentario.

Generalmente le facies più ricche in grafite sono prive di granato e/o cloritoide e viceversa. Dal punto di vista composizionale, i micascisti sono costituiti da mica bianca, quarzo, granato in idioblasti millimetrici, cloritoide, albite, clorite, biotite e grafite in quantità variabili.

Le paragenesi di alta pressione sono definite da mica bianca a composizione fengitica a cui si associano, quando presenti, granato e rutilo; la principale evidenza della riequilibrazione in facies scisti verdi è rappresentata dalla blastesi albitica e dalla destabilizzazione di granato e cloritoide in clorite.

La foliazione principale (Sp) nei micascisti è di tipo traspositivo. Nelle facies più filladiche con fabric milonitico è definita dall’orientazione preferenziale dei minerali fillosilicatici, dei livelli a quarzo e dei livelli submillimetrici a grafite; la foliazione è spesso piegata e fittamente crenulata dalla principale fase post-Sp.

I grafitoscisti in senso stretto sono rappresentati da livelli pluricentimetrici fino a metrici di colore grigio scuro, intercalati nei micascisti più o meno grafitici. Le vene di quarzo presenti sono talora trasposte o boudinate. Gli gneiss minuti corrispondono a facies più massicce e con maggiore contenuto della componente quarzoso / feldspatica, intercalati nei micascisti.

 

Il complesso grafitico del pinerolese corrisponde nell’insieme ad una successione di paraderivati di origine detritica, con grana da molto fine (metapeliti) a medio-fine (meta-areniti) a grossolana (metaconglomerati). La presenza di grafite ha storicamente fatto attribuire a queste rocce un’età carbonifera (erosione della catena varisica?). Sono inoltre presenti imbocchi di gallerie di coltivazione ed assaggio lungo i principali orizzonti grafitici, i quali corrispondo tipicamente a zone di taglio con spessore fino a metrico attribuibili. Le principali mineralizzazioni ritrovate sono associate a livelli decimetrici fino a metrici di scisti grafitici.

Le zone di taglio sono importanti canali per la mobilitazione di fluidi e “orizzonti trappola” nel caso di circolazione di fluidi ricchi in complessi a zolfo con presenza di oro. In tal caso, l’oro precipita in situ a seguito della precipitazione dello zolfo, il quale legandosi con il ferro, localmente presente nelle grafiti, genera la pirite. Questa reazione è tanto più importante quanto il fluido trasporta oro ed a contatto con l’orizzonte grafitico quest’ultimo risulta ricco in ferro.

Nella sovrastante immagine è possibile osservare come la presenza di una frattura continua evidenziata in blu sia stata nel passato sede del passaggio di fluidi ricchi in complessi a zolfo (chiamati tiocomplessi). Nel momento in cui tali fluidi incontrano l’orizzonte ricco in materia organica (grafite) si forma pirite con seguente precipitazione dell’oro.

 

Le mineralizzazioni

Durante le prospezioni iniziate dal 2017 sui torrenti Chiamogna sono state ritrovate associazioni minerali affioranti composte da:

quarzo, carbonati, ancherite, pirite, minore calcopirite, albite, clorite.

Talvolta la pirite e calcopirite sono presenti in percentuali minime (circa 5% del volume considerato) mentre in alcuni casi esse arrivano fino al 40%

Tali mineralizzazioni sono sotto forma di vene discontinue e discordanti con spessore che raggiunge un massimo di 15-20 centimetri. Le vene hanno una estensione decametrica e tendono talvolta a chiudersi e riaprirsi (presentano strozzature). La pirite tende ad essere presente sia all’interno della vena, dove è osservabile con una grana nettamente maggiore (fino a centimetrica) sia lungo le pareti della vena e nella vicina roccia incassante (grafitoscisti), in questi due ultimi casi, il minerale piritoso ha una dimensione da millimetrica a submillimetrica.

Subito a valle degli affioramenti delle mineralizzazioni primarie è possibile ritrovre le massime concentrazioni di oro nativo sotto forma di pagliuzze oppure piccole pepite, le quali conservano ancora la loro particolare morfologia primaria. Al momento della stesura del seguente articolo non è stato ancora ritrovato oro nativo visibile direttamente nella mineralizzazione primaria. E’ anche da constatare che l’oro potrebbe tendere ad essere presente nella pirite / calcopirite e poi solamente a seguito della successiva degradazione meteorica ed alterazione chimica di quest’ultima egli viene liberato e quindi sarà possibile ritrovarlo nei pressi. Si aggiunge al quadro finora delineato il potenziale ruolo concentratore batterico, specialmente a causa della presenza lungo le pendici dei versanti di più o meno potenti livelli sedimentari composti da conglomerati molto alterati (pleistocenici). Questi livelli sviluppano peculiari caratteristiche impermeabili e raccolgono i fluidi meteorici. L’oro è presente nei sedimenti alluvionali nei pressi delle curve di erosione di questi livelli ed in particolare lungo il contatto tra questo substrato argilloso e i sedimenti quaternari a tetto.

Nella figura sovrastante è possibile chiarire il rapporto tra la quantità di oro presente, la dimensione (e quindi il peso) in relazione alla distanza dall’affioramento delle mineralizzazioni aurifere primarie. L’acqua scorre dall’alto verso il basso lungo l’alveo, rappresentata in colore azzurro. Si noti come allontanandosi dai punti fisici di rilascio (le mineralizzazioni), le prime evidenze della presenza di oro in pepite e pagliuzze si troveranno subito nei pressi (c) per poi via via scendere in quantità e dimensione (d-e). Con “f” si vuole intendere il tratto di alveo considerato come obiettivo della prospezione. A valle di “e” l’oro sarà ritrovabile solo più in tracce con l’eccezione di ulteriori affioramenti della mineralizzazione primaria più a valle e quindi un nuovo arricchimento localizzato nei prossimi sedimenti. Il tratto “a” subito a monte dell’affioramento delle mineralizzazioni primarie aurifere è considerato sterile in questo esempio. Risalendo il rio e con un’attenta campagna di prospezione è possibile osservare il graduale passaggio da “e”, “d”, “c” fino al ritrovamento delle mineralizzazioni primarie in “b”. I migliori siti di sfruttamento tendono a risultare in “c” e “b” ma localmente in “b” ed “e” è possibile ritrovare concentrazioni anche importanti. Si noti inoltre che è presente un tratto di relativa assenza della presenza di oro tra “b” e “c”, ciò a causa del fatto che l’oro ritrovabile è contenuto nella pirite e questa, una volta liberata nell’alveo a seguito dell’erosione della mineralizzazione aurifera primaria necessita di un certo tempo e spazio per la sua degradazione fisica e chimica.

Conclusioni

Anche se la Val Pellice negli studi preliminari ha mostrato tracce d’oro lungo i torrenti selezionati, esso non è presente, al momento, in quantitativi adatti ad uno sfruttamento economico. È importante comunque sottolineare il valore collezionistico di tali campioni grazie alla la rarità ed alle difficoltà tecniche del tipo di ricerca.

 

 

 

Visione complessiva di alcuni ritrovamenti effettuati nella prospezione relativa al Chiamogna.

 

Bibliografia

  1. Pipino G. Exploitation of gold-bearing terraces in the Cisalpine Gaul Region. “News. Int. Liais. Gr. Gold Min.“, n. 32, Southampton 2001;

 

  1. Jervis G. Dell’Oro in Natura. La sua storia presso i popoli antichi e moderni. La sua distribuzione geografica. Le sue relazioni geologiche, mineralogiche ed economiche. Roux e Favale, Torino 1881;

 

  1. GoogleEarth Pro;

 

  1. Geo3D Piemonte.

 

 


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